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Nascita

[Titolo originale:  Geburt]

Svizzera 2009. 35mm, 1:1.66, Dolby digital, colori, 76 min.

Geburt Geburt Geburt affiche

Il mistero dell'inizio della vita è al centro di questo film.

Gli spettatori possono partecipare alla nascita di un essere umano in modo intimo. Così si crea un'esperienza elementare, fisica e sensuale. Il film mostra come donne incinte osano e vivono quest'esperienza piena di situazioni non pianificabili e inevitabili. Si vede come contrappongono abbastanza fiducia ai timori e alle incertezze per lasciar andare, ognuna nel suo ritmo di attesa e di ricupero.

Nel film si partecipa a momenti importanti della gravidanza come l'incontro della futura madre con la sua levatrice, il sostegno tra l'uomo e la donna, il vivere insieme quest'esperienza e in fine il momento della nascita che è una delle esperienze più intense nella vita umana e nel quale si mischiano spavento, dolore e grande gioia.

RegiaSilvia Haselbeck, Erich Langjahr
SceneggiaturaSilvia Haselbeck, Erich Langjahr
CastDie Familien:
Franziska Buchmann und Hanspeter Gamma mit Olivia, Mirjam und Elias
Carmen und Giuseppe Cerminara-Lüpold mit Shayenne und Savannah

Die Hebammen:
Esther Fischer-Brun
Patricia Mirer (Geburtshaus "Terra Alta" Oberkirch)

Die Geburtsvorbereiterin:
Cécile Malevez-Bründler
FotografiaSilvia Haselbeck, Erich Langjahr
SuonoSilvia Haselbeck
MontaggioSilvia Haselbeck, Erich Langjahr
Musiche Carmela Konrad, Gesang, "Melodien für uns"
Beat Föllmi, Perkussion, "Heartbeat"
Lea Dudzik, Gesang, "Aus den Reihen"
Manuel Troller, Gitarre
Martina Berther, Elektrobass
CollaboratoriTonschnitt, Mischung: Guido Keller
Grafik/Plakat: Art Ringger + Marion Lastin
Durata76 min.
Formato35mm, 1:1.66, Dolby digital
Versioni disponibiliSchweizerdeutsch / deutsch untertitelt / english subtitles / sous-titres français
Vendita DVD e vidéoDVD   [ordinare]
Prima mondialeNyon 2009
FestivalNyon, Visions du réel 2009 (Competition internationale)
Locarno, Festival del Film 2009
Int. Leipziger Festival 2009
Int. Hofer Filmtage 2009
Solothurner Filmtage 2010
Würzburg, 36. Int. Filmfestival 2009
Augsburg, Tage des unabhängigen Films, 15.- 24. Oktober 10
St. Gerold, Walser Herbst 2014
Festival, PremiDokumentarfilmpreis 36. Int. Filmfestival Würzburg
Diffusione TVSRF, 15. Mai 2013
ProduzioneLangjahr-Film GmbH, Luegstrasse 13, CH-6037 Root
Tel. +41 41 450 22 52 – E-mail: info@langjahr-film.ch
inviare un messaggiowww.langjahr-film.ch
Diritti mondialiLangjahr-Film GmbH
Distribuzione
e internazionale
Langjahr-Film GmbH, Luegstrasse 13, CH-6037 Root
Tel. +41 41 450 22 52 – E-mail: info@langjahr-film.ch
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Un film tutto svizzero sulla vita

Un mistero che la natura non svela...

Un film tutto svizzero "Geburt, la nascita" (CH 2009), realizzato dai coniugi Silvia Haselbeck e Erich Langjahr, i quali per mesi hanno seguito e filmato donne incinta fino alla nascita dei loro piccoli. Il filmato è molto rispettoso nei loro confronti. Osserva delicatamente le pause e i ritmi delle gestanti, dando il senso dell'attesa. Ed è chiaro, fino al punto da diventare esplicito nell'ultima inquadratura (dove appare la stessa regista incinta), che gli autori hanno attinto dalla loro personale esperienza. Il film inizia da un'intuizione vera, quella della grotta, della caverna: le cavità offerte da madre natura dove si riparano animali e all'interno delle quali ha origine, cresce e vive il mistero della vita. Come accade a noi donne, con la gravidanza, quando la nostra pancia assume la forma di un nido pronto ad accogliere la vita. La nascita, la gravidanza hanno a che fare con la natura, con il misterioso equilibrio che regola tutta madre terra. Ma questo breve film‑documentario pare faccia fatica ad andare oltre il legame della gravidanza con la "natura". Pare a volte confondere ciò che riguardala nascita e la gravidanza con le tecniche naturalistiche di preparazione al parto.

Tecniche oltretutto particolari che vedono donne appese a corde mentre dondolano urlando, mariti che diventano improvvisi massaggiatori infaticabili, ostetriche sorridenti e sagge che sembrano fatine dei boschi. Donne che vivono immerse nella natura e fanno lunghe passeggiate tra le colline e che poi coraggiosamente decidono di partorire in casa assistite da ostetriche e da mariti dallo stomaco di ferro.

Le scene, nude e crude dei parti, non possono non ricordarci che nonostante il dolore, dare alla luce una nuova vitaèl'atto più straordinario e profondamente umano che ci è stato donato. Il film nostrano ha il grande merito di parlare della vita, del Mistero più grande che interessa l'uomo. Ma resta difficile capire quale è, alla fine, la vera natura della Nascita di un bambino. La vita non sarebbe possibile senza un atto di amore (o almeno di passione) tra due persone. Un figlio che nasce è la prova più concreta di questo. La gravidanza, quindi, al di là delle tecniche, resta un periodo ricco di significato e mistero per il solo fatto che c'è e che ha origine in un rapporto. Questo accade indipendentemente dal fatto che la mamma fremarito. Non bisogna insomma essere "bravi". A tutti è stato fatto questo dono, ottimi salutisti, miseri e stressati, intraprendenti ed entusiasti che siano. La vita ha origine, cresce e nasce in noi, attraverso di noi, così come siamo. E non per un nostro sforzo o merito...

G.P. Giornale del Popolo, 27 agosto 2010


Dopo essere stato presentato in concorso al festival «Visions du Réel» di Nyon dello scorso anno e l'estate scorsa a Locarno nella sezione «Appellations Suisse», Geburt Nascita di Silvia Haselbeck ed Erich Langjahr trova ora anche la possibilità di essere distribuito. Sulla scia dei film realizzati da quest'ultimo non è sbagliato attendersi una descrizione minuziosa e di stampo etnografico dei rituali che diverse pratiche tornate di recente in auge associano all'atto del nascere e alla sua preparazione. Gli autori decidono infatti di seguire attraverso lunghi piani sequenza due nascite che si svolgono in un contesto domestico. Nel primo caso la donna accompagnata da diversi famigliari partorisce in modo armonioso e in apparenza quasi senza dolore nel secondo invece le cose si svolgono in maniera più complessa ma tutto va comunque per il meglio. Geburt colpisce soprattutto come documento concernente un «avvenimento» della vita che ci riguarda tutti ma che costituisce una sorta di tabù per il cine ma tuttora incapace di affrontarlo nella sua integralità In un momento in cui i parti cesarei e la «medicalizzazione» della nascita sembrano guadagnare sempre più terreno il film verità di Silvia Haselbeck ed Erich Langjahr ha il pregio di mostrar ci i fatti nel suo nudo e crudo susseguirsi suggerendo anche forme di simbolismo che fanno parte da sempre della natura umana. Quanto agli effetti benefìci di una nascita «sana» sull'esistenza che seguirà il film non si sbilancia apertamente ma è chiaro che il punto di vista degli autori (che sono anche marito e moglie nonché genitori di tré figli) sposa quello della natura. Una coerenza che si riflette bene anche nei tempi e nei ritmi di Geburt che non forza mai la mano ma scivola via come un momento di vita nascente condivisa con lo spettatore.

Antonio Mariotti, Corriere del Ticino, 25 giugno 2009


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Zitate

Wie wenig es manchmal für einen gelungenen Dokumentarfilm bedarf, der sein Publikum berührt, das führen die beiden Filmemacher in ihrem Film Geburt vor. Die Geburt eines Menschen, das zeigt der Film eindrücklich, ist wahrscheinlich das Normalste auf der Welt und zugleich ein Moment voller Magie, Vertrautheit, Nähe, wie man ihn im Leben nur selten erlebt.

Joachim Kurz, Kino-Zeit.de, 3. Mai 2010

"Geburt" ist eine Herausforderung, sich existenziellen Fragen zu stellen. Nicht als Predigt oder Plädoyer, sondern durch eindringliches Erzählen in Bildern.

Urs Bugmann, Zentralschweiz am Sonntag, 18. Okt. 2009

"Geburt" konfrontiert uns lediglich mit dem was Gebären eigentlich ist: etwas vom Natürlichsten überhaupt, ohne das es die Menschheit nicht gäbe und das auch heute auf schlichte und zugleich ergreifendste Weise passieren kann.

Katrin Hafner, 21. Okt. 2009, Tages-Anzeiger

Man sitzt mit angehaltenem Atem im Saal vor dem Geschehen und ist tief bewegt und gerührt.

Fritz Vollenweider, seniorenweb.ch, 21. Okt. 2009

Es ist der weibliche Körper, der im Mittelpunkt des Filmes steht, und die Kraft, die in diesem Körper steckt.

Silvia Süess, 22. Okt. 2009, WOZ

Die Geburt als elementares Erlebnis, in dem das Warten und das Ankommen, in dem Schmerz und Glück ganz nahe sind, weckt tiefe Gefühle und Gedanken.

Fred Zaugg, Der Bund („Bund“-Filmmatinee Nr.274), 17.Okt.2009)

Eine sehr intime, nie voyeuristische Hommage an das prägende Weltwunder des Lebens.

Christian Jungen, MZ Mittelland Zeitung, 29. April 2009

Die Emotion entströmt der gefilmten Wirklichkeit dank einer Kamera, die den Mut zur Ruhe hat.

Philippe Dériaz, Ciné-Feuilles, Mai 2009

So wird "Geburt" zu einer eigentlichen Hymne an das Leben.

Der Bund, Geri Krebs, 27.April 09

Der Zuschauer erlebt die einfühlsam und respektvoll dargestellte Geburt des Menschen...

Hans Hodel, Interfilm (online), 27. Mai 2009

Berührend die Geburt selbst, man weint, wie damals, als man es selber mitbekommen hat.

Matthias Bürcher, artfilm.ch 26. April .09

Der Zuschauer atmet und presst bis zum Schluss ganz fest mit.

Stefan Busz, Der Landbote 30. April 2009

Hier ist eine reife, filmische Konzeption am Werk, die sich Zeit lässt für eine Vision, die nichts erschüttern kann.

Jean Perret, Festival Visions du réel Nyon 2009

Der Film kontert die Hektik der heutigen Zeit mit der Kunst des verweilenden Hinschauens.

arthouse movie news, Irene Genhart

 

Pressestimmen

Das Wunder des Lebens – schlicht und ergreifend

Wie wenig es manchmal für einen gelungenen Dokumentarfilm bedarf, der sein Publikum berührt, das führen die beiden Schweizer Filmemacher Silvia Haselbeck und Erich Langjahr in ihrem Film Geburt vor, dessen schlichter Titel keinerlei Fragen offen lässt, welches Ereignis hier im Mittelpunkt steht. Wobei der Titel, wenn man es genau nimmt, das Thema ausschließlich vom Endpunkt her beschreibt, der Film aber setzt viel früher ein und begleitet zwei Frauen und deren Familien durch ihre Schwangerschaft hindurch bis hin zur schlussendlichen Geburt. Wir sehen die Frauen und ihre Partner bei Besuchen bei der Hebamme, bei der Schwangerschaftsgymanstik, beim Nordic Walking und bei anderen Tätigkeiten, die auf die Geburt vorbereiten sollen. Und am Ende werden wir Zeuge, wie ein neuer Mensch auf die Welt kommt, sind beinahe in Echtzeit bei den letzten Minuten einer langen Zeit dabei, an deren Ende ein neues Leben steht.

So einfach der Titel des Films klingt und so einfach das erzählerische Konzept auch klingen mag – nur wer sich mit Dokumentarfilmen auskennt, und vielleicht schon selbst welche gemacht hat, kann ermessen, dass hinter diesem scheinbar ganz schlichten Film viel mehr steckt, als wir auf den ersten Blick sehen. Die Intimität, die Geburt ausstrahlt, ist das Ergebnis einer gewaltigen Offenheit der werdenden Mütter einerseits und einer seismographischen Sensibilität der beiden Regisseure andererseits. Denn wie sonst wäre es zu erklären, dass die Kamera bei einem der intimsten Momente im Leben eines Menschen so selbstverständlich dabei sein kann, dass sie jedes Pathos und jede Indiskretion vermeidet, dass sie ganz selbstverständlich etwas beobachtet und registriert, dass uns normalerweise nur dann nicht verborgen bleibt, wenn wir selbst unmittelbar Beteiligte sind?

Wer das Glück hatte, die Zeit der Schwangerschaft und den Akt der Geburt selbst mitzuverfolgen und zu erleben, sei es als werdende Mutter oder als unterstützender Vater in spe, dem werden diese Bilder und die treffend transportierte Besonderheit dieser Stunden sehr vertraut vorkommen. Und dies ist der Moment, an dem man sich als Zuschauer löst von den konkreten Geschichten, von den realen Personen, die Silvia Haselbeck und ihr Lebensgefährte Erich Langjahr über lange Zeit begleitet haben – sie werden im Moment des tiefsten Schmerzes und des höchsten Glücks zu Prototypen des Wunders der Geburt, ohne dass dieser Moment auf unangenehme Weise oder durch Penetranz getrübt wird. Die Balance, die die beiden Filmemacher finden und das Vertrauen, das ihnen von den Porträtierten entgegen gebracht wird, kann man angesichts der Intimität jener Momente kaum hoch genug einschätzen. So ist Geburt nicht nur ein sehenswerter Film über die Schwangerschaft und deren Endpunkt, sondern auch das Dokument einer innigen Verbundenheit und eines tiefen Vertrauens zwischen zwei Dokumentarfilmern (die übrigens ebenfalls Kinder miteinander haben) und den von ihnen porträtierten Menschen. Die Geburt eines Menschen, das zeigt der Film eindrücklich, ist wahrscheinlich das Normalste auf der Welt. Und zugleich ein Moment voller Magie, Vertrautheit, Nähe, wie man ihn im Leben nur selten erlebt.

Joachim Kurz, www.kino-zeit.de, 3. Mai 2010


So selbstverständlich, als wäre keine Kamera im Raum, sieht sich der Zuschauer als Beobachter mitten im Geschehen. Silvia Haselbeck und Erich Langjahr lassen in keinem Moment das Gefühl unangebrachten, voyeuristischen Beobachtens aufkommen. Die Begegnungen zwischen der werdenden Mutter und ihrer Hebamme, Zuwendungen und Hilfeleistungen zwischen Mann und Frau, die Geburt schliesslich in ruhiger häuslicher Atmosphäre: Das zeigt der Dokfilm «Geburt» aus einem Blick, der Staunen und Fragen nicht verlernt hat. Es ist ein Sinnenerlebnis und eine Ode an das Leben.

Der Film erzählt in ruhigen Einstellungen, mit ungebrochener Präsenz und ohne Kommentar. Er schafft Nähe, und diese Nähe liessen ganz offensichtlich alle Beteiligten zu. «Sie waren, als wir ihnen das Ergebnis zeigten, betroffen und konnten sich damit identifizieren», sagt Silvia Haselbeck.
Haselbeck und Langjahr begleiteten die werdenden Mütter über Monate hin und standen am Ende auf Pikett, um bei der Geburt dabei zu sein. Dass alles so reibungslos ablief, war nicht planbar.

Wie Erich Langjahrs Filme aus dem ländlich-bäurischen Raum, seine Beobachtungen von Sennen, Hirten und Wildheuern ist auch «Geburt» eine Herausforderung, sich existentiellen Fragen zu stellen. Nicht als Predigt oder Plädoyer, sondern durch ein eindringliches Erzählen in Bildern.

Urs Bugmann, Zentralschweiz am Sonntag, 18. Okt. 2009


Was für ein Kraftakt so eine Geburt ist: für das Kind, das sich seinen Weg in die Welt erkämpfen muss, für die werdende Mutter, die unter Schmerzen das Kind aus ihrem Körper pressen muss, für den werdenden Vater, der nur bedingt helfen kann, und für die Hebammen, die den Frauen beistehen.

"Geburt" heisst der Dokumentarfilm von Silvia Haselbeck und Erich Langjahr. Der Schweizer Dokumentarfilmer und seine Frau, die beim neusten Film für die Regie mitverantwortlich ist, haben zwei Paare während der Vorbereitungen für das grosse Ereignis bis hin zur Geburt begleitet. Geduldig, ruhig, aber nie voyeuristisch begleitet die Kamera die werdenden Eltern, zeigt die Füsse der Frau, die massiert werden, den Bauch, der von der Hebamme abgetastet wird, den Rücken, der vom Mann gestreichelt wird. Es ist der weibliche Körper, der im Mittelpunkt des Filmes steht, und die Kraft, die in diesem Körper steckt.

Obwohl eine Geburt wohl einer der intimsten Momente ist, schaffen es Silvia Haselbeck und Erich Langjahr sie so zu filmen, dass man sich nie als Eindringling fühlt. Und wenn das kleine Köpfchen zwischen den Beinen der Frau herausschaut, langsam hinausgeschoben wird, bis das schreiende, nasse Bündel auf der Welt ist, ist das ein wunderschöner und berührender Anblick.

WOZ, 22. Okt. 2009, Silvia Süess


Geboren werden, ist ein durch und durch leibhaftiger Prozess. Bereits die Vorbereitung ist ein sorgfältiges Erspüren und Betrachten der Vorgänge im Leib der Mutter. Die Kamera bleibt dabei nah am Körper, auf den Händen und dem gewölbten Leib. In zwei Geburten geht die Kamera aber auch ganz nah an die Vagina der Mutter heran: das hervorstossende Köpfchen ist bereits zu sehen. Die letzten Wehen treiben das Kind aus dem Leib. Das Neugeborene gleitet heraus, ganz verschmiert und verklebt. Was für eine Anstrengung und welche Erleichterung eine Geburt sein kann, lässt sich so hautnah miterleben.

Die gelernte Krankenschwester und Filmemacherin Silvia Haselbeck und ihr Partner Erich Langjahr haben zwei Paare begleitet. In Form einer Langzeitstudie gehen sie mit ihnen den Weg des "Auf-die-Welt-Kommens". Die teilnehmende Beobachtung ist dabei höchstes Prinzip: Nur mit Bildern und kurzen Schrifteinblendungen gelingt es, eine zeitgemässe Darstellung der Geburt auf die Leinwand zu bringen. Die intimen Momente wirken in keinem Moment peinlich, weil das Vertrauen der gebärenden Mütter zum Filmteam stets spürbar ist. Natürlich bewegt sich der Blick hautnah an den Ereignissen, lässt nicht ab von den wunderbar vielfältigen Hautmembranen, die sich hier zeigen. So ist der Film selbst eine Geburt, die das Risiko des Scheiterns eingeht und doch auf das Wunder des Lebendig-Werdens hofft.

Charles Martig, www.medientipp.ch


«Geburt» ist ein ruhiger Film. Ein unaufgeregtes Dokument, das viel auslöst. Emotionen vor allem, aber auch Fragen; etwa, warum sich eine Schwangere für ein ihr unbekanntes Publikum filmen lässt, ob man die Wehen einer Fremden so nah mitverfolgen will – und was man denn eigentlich sucht im Kino. Nie fühlt man sich jedoch als Voyeur. «Geburt» konfrontiert uns mit dem, was Gebären eigentlich ist: etwas vom Natürlichsten überhaupt, ohne das es uns alle nicht gäbe und das auch heute auf schlichte und zugleich

Katrin Hafner, 20. Okt. 2009, Tages-Anzeiger


Hier dürfen alte Begriffe wieder gebraucht werden: Es geht um nichts weniger als das Wunder der Geburt. Die Innerschweizer Silvia Haselbeck und Erich Langjahr (“Das Erbe der Bergler“ 2006) wissen, dass Wunder eines behutsamen Umgangs bedürfen, wenn sie nicht verfliegen sollen. Und so führen sie ganz leise an die Geburt, kommen ihr nie zu nahe, stehen mit stillem Staunen dabei. Und wir dürfen teilhaben am Werden des Lebens und am Weg in die Welt, am Erblicken ihres Lichts, wie früher gesagt wurde, und an der ersten Bewegung, dem ersten Laut. Getragen wird der Film “Geburt“ vom Vertrauen, das die Mütter, aber auch die Väter und die Hebammen den Filmschaffenden entgegen brachten. Ehrfurcht vor dem Leben wird uns in einer Zeit der Effekthascherei und des verantwortungslosen Umgangs mit Menschen und ihren Bildern vermittelt. Die Geburt als elementares Erlebnis aller, in dem das Warten und das Ankommen, in dem Schmerz und Glück ganz nahe sind, weckt tiefe Gefühle und Gedanken. Ein wichtiger Film, ein grosses Werk eines kleinen Teams.

Fred Zaugg, Der Bund «Bund-Filmmatinee» Nr.274), 17. Okt. 2009. (Siehe den ausführlichen Artikel weiter unten)


Radio DRS

Sendung Reflexe, 22. Oktober 2009
(Pierre Lachat im Gespräch mit Silvia Haselbeck und Erich Langjahr (28 Minuten),


Sendung Schweizer Fernsehen, Kulturplatz

Bericht von Lisa Röösli, Kulturplatz 28. Okt. 2009



Sendung Schweizer Fernsehen, 10 vor 10

Bericht von Michael Gerber


„Der Film heisst 'Geburt', also war klar, dass wir sie auch zeigen würden", erklärte Silvia Haselbeck an der Premiere (Festival “Vision du Réel“) die selbstverständliche Offenheit ihres Films, der "alles" zeigt und dabei in jedem Moment von Respekt und Empathie gekennzeichnet ist. So wird "Geburt" zu einer eigentlichen Hymne an das Leben.

Geri Krebs, Der Bund 27. April 09

»Geburt« ist ein ruhevolles Gedicht, das jedoch nie Langeweile ausstrahlt. Das Kino Langjahr/Haselbeck ist ein Kino der Geduld. Wenn sie zwei Schwangerschaften und Geburten beschreiben, konzentrieren sich die Filmemacher aufs Wesentliche, ohne je das Filmische zu vernachlässigen, das heisst, die angemessene Distanz des Blicks und die Logik der Szenenauswahl und des Schnittes. Die Emotion entströmt der gefilmten Wirklichkeit dank einer Kamera, die den Mut zur Ruhe hat. Man erlebt auf der grossen Leinwand eine wirkliche Sicht auf das Reale, “une vraie vision du réel“.

Philippe Dériaz, Ciné-Feuilles, Mai 2009

Die Geburt ist eine Zweiergeschichte, der Vater ist immer präsent, natürlich assistierend. Berührend die Geburt selbst, man weint, wie damals, als man es selber mitbekommen hat. Und dann ist jemand da, der schreit, die Augen etwas öffnet, nach den Dingen greift; die Zweiergeschichte wird zur Dreiergeschichte. Der Film zeigt, wie schön eigentlich die Geburt sein kann, wenn man sie aus dem hochmedizinischen Kontext herausnimmt und es als natürliche Angelegenheit betrachtet.

Matthias Bürcher, artfilm.ch 26. 4 2009

... Zu hören sind schon die Herztöne der Kinder beim Ultraschalluntersuch, und nach und nach nimmt der Film selber diesen Rhythmus auf. Die Bilder folgen bald einem inneren Muster. Das Draussen wird völlig ausgeblendet, es scheint kein anderes Leben mehr zu geben als die Konzentration auf den eigenen Bauch. Am Wunder, das daraus erwächst, nimmt der Zuschauer dann selber direkt Anteil: Er atmet und presst bis zum Schluss ganz fest mit. Eine Grenze ist in diesem Film aufgehoben, “Geburt“ will die Verkörperung des neuen Lebens selber ...

Stefan Busz, Der Landbote 30. April 2009

Im Wettbewerb „Vision du Réel“, der zwanzig Filme umfasste, ragten einige Schweizer Produktionen im thematischen Spannungsfeld von Leben und Tod heraus. Die Innerschweizer Filmemacher Silvia Haselbeck und Erich Langjahr stellen mit ihrem Film "Geburt" das Geheimnis des werdenden Lebens in den Mittelpunkt. Der Zuschauer erlebt die einfühlsam und respektvoll dargestellte Geburt des Menschen als elementares, körperliches und sinnliches Erlebnis.

Hans Hodel, Interfilm (online), 27. Mai 2009

Schlicht im besten Sinne lässt uns der Film an den Vorbereitungen und an zwei Geburten teilhaben und betont die Natürlichkeit der Geburt, indem auf einen Kommentar aus medizinischer, religiöser oder mystischer Sicht verzichtet wird.

Robi Richter, Filmecho/Filmwoche 8. Mai 2009


Der Weg ins Licht der Welt

Mit dem Film «Geburt» schenken uns Silvia Haselbeck und Erich Langjahr einen bewegenden Film über das Ereignis, welches am Anfang des Lebens steht.

Fred Zaugg

Geburt: ein Datum. Geburtsort: Wohn­adresse, Frauenspital, Klinik, Geburts­haus. Routineangaben zu unserer Iden­tität. Etwas, woran man einen Men­schen fest macht, lebenslänglich, bis zum anderen sicheren Eintrag: Todes­stunde und Sterbeort, Wohnadresse, Spital, Sterbehaus. Damit verabschie­den wir uns aus Welt und Akten. Doch die beiden Marchen des Daseins müss­ten uns wahrscheinlich bewusst sein als Beginn und Ende und auch als Rück- und Ausblick. Absolut haben die Philo­sophen die Fragen «woher komme ich?» und «wohin gehe ich?» genannt. Doch wer philosophiert heute schon gern? Wozu das Leben komplizieren? Es geht doch auch ohne Geburt und Tod als ständige Ermahnung. Lasst uns daraus Tabus machen!

Der grosse Moment
«Geburt»: ein Filmtitel, der daran erin­nert, dass es sie gibt, und ein Film, der ganz behutsam an den grossen Moment führt, den unsere Mütter und Gross­mütter noch als Wunder bezeichnet ha­ben, voller Ehrfurcht, um noch gerade ein Wort mehr anzufügen, das aus der Mode gekommen ist. Gehen wir noch etwas weiter: Um das Geheimnis des werdenden Lebens und um das Erbli­cken des Lichts der Welt, das leider nicht immer so licht ist, geht es, um Er­wartung und Erfüllung, Kreissen und Küssen auch.

Damit haben wir offenbar von den Denkern zu den Dichterinnen und Dich­tern gewechselt, die sich in vielen For­men mit der Geburt auseinander gesetzt haben, aber wir sind noch nicht bei Sil­via Haselbeck und Erich Langjahr angekommen: Sie brauchen zwar eine Ka­mera, wissen sie meisterlich einzuset­zen, doch bleiben sie stets auf dem Boden und holen auch ihr Thema in seine Natürlichkeit und Selbstverständ­lichkeit zurück, ohne das Geheimnis an­zutasten und ohne zu idealisieren.

Verantwortung der Autoren
Geburt: ein «elementares, körperliches und sinnliches Erlebnis» aller. Das ist es, worum es den beiden Innerschwei­zer Filmschaffenden geht. An diesem Erlebnis beteiligen sie uns. Man könnte möglicherweise von einem Dokumen­tarfilm sprechen, aber diese Bezeich­nung greift zu kurz, ja tut dem feinen Gebilde sogar unrecht. «Geburt» ist das genaue Gegenteil einer Reportage aus dem Gebärsaal, einer medizinischen präzisen Aufklärung am Bildschirm oder eines effektvollen modischen Kurzschnitts mit unanständig neugierig über dem Kindbett pendelnder Kamera. Die hohe Verantwortung der Autoren verbietet ihnen jede Effekthascherei. Einer an der Realität orientierten Bild­poesie jedoch gibt sie aber immer wie­der Raum. Ihr Rhythmus ist der Puls­schlag des werdenden Kindes, einer der Augenblicke, in denen Schwangerschaft auch Männern bewusst werden kann, als Erfahrung des Werdens und als Wachsen des Muts und der Kraft, das Wunder zu wagen, so unwägbar es auch sein mag.

Geburt: das sind hier von Anfang an auch begleitende Berührungen und Worte. Welches Mitgehen und Mitfüh­len ist doch schon in den Händen, die Füsse massieren und Entspannung kommunizieren. An der Seite der Schwangeren werden die Hebammen zu Hauptpersonen, die auch den jewei­ligen Partner in das intensive Warten integrieren, in den Wechsel von Hoffen und Bangen, von Angst und Glück.

Erlöst durch einen Schrei
Und dann dürfen wir still dabei sein, jede Hektik weicht, wir warten, wir stöhnen und lachen mit, wir nehmen die neuen Erdenbürger auf, werden er­löst durch seinen Schrei. Es werden mit diesem Film für jene, die es zulassen, Grenzen aufgehoben und Tabus. Das grosse Staunen bleibt. Menschen, kleine Menschen erblicken das Licht der Welt und erinnern an den Anfang des Films mit Höhlen und Tunneln und Licht an deren Ende. Ist es nicht eigenartig, dass für Geburt und Tod die gleichen symbo­lischen Bilder gelten?

Einzigartige Teamarbeit
«Geburt»: eine einzigartige Teamarbeit von zwei Filmschaffenden , die selber Kinder haben, mit zwei Müttern und ihren Familien sowie zwei Hebammen und der Geburtsvorbereiterin. Vor der Filmarbeit war von allen Beteiligten ein tiefes gegenseitiges Vertrauen aufzu­bauen, das zu einem gemeinsamen Ziel führte, der Vision, die Geburt als etwas ganz Wichtiges in unsere Gesellschaft zurückzutragen und dort sichtbar und erlebbar zu machen, was noch allzu oft verdrängt wird.

Respekt, Verständnis und Anteil­nahme sind dabei das Eine, sehr per­sönliche Nähe und Ehrfurcht vor dem Leben das Andere. Doch dann braucht es jene berufliche Fähigkeit, bei der neben technisch filmischem Können die menschliche Beziehung und das Erfass­enkönnen entscheidend sind. Silvia Ha­selbeck und Erich Langjahr haben sie. Seit zwanzig Jahren arbeiten sie zusam­men und zeichnen gemeinsam für Buch, Regie, Kamera, Schnitt und Texte verantwortlich.«Geburt» ist ihr neustes Werk und vielleicht auch ihr wichtigstes, obwohl man auf keines der vorangehenden ver­zichten möchte, nicht auf «Das Erbe der Bergler» und nicht auf die «Hirtenreise ins dritte Jahrtausend», um nur gerade die zwei letzten zu nennen. Das Thema war schon immer das Leben, und stets führte das Vertrauen die Filmschaffen­den und öffnete auf eine einzigartige Weise dem Kinopublikum den Zugang zu den Menschen und zu ihren Nöten und Freuden.

«Geburt» sei der Film von Silvia sagt Erich Langjahr. Erstmals zeichnet sie auch als Regisseurin. Offen­bar war es der Wunsch der gelernten Krankenschwester, «Geburt» zu drehen. Beide haben sie zusammen mit den Müttern, Vätern, Geschwistern, Hebam­men und so weiter etwas Grosses ge­schaffen, das von der Sinnlichkeit des Naturereignisses bis zum Nachdenken über das Dasein führt, den Kreislauf des Lebens. «Geburt» ist hier manchmal auch Musik, fast unmerklich und doch wesentlich und unverzichtbar in diesem wertvollen Film und Kunstwerk.

(17. Okt. 2009, Der kleine Bund)


Im Kino kommen Kinder normalerweise zwar unter ziemlich dramatischen Umständen, dafür aber sehr rasch zur Welt. Wer Geburten nur aus Hollywoodfilmen oder Fernsehserien kennt, stellt sich darunter ein hektisches Spektakel vor, in dem vor allem Mediziner und nicht die werdende Mutter und ihr Kind im Mittelpunkt stehen.

Im Dokumentarfilm Geburt von Silvia Haselbeck und Erich Langjahr lernen wir, dass es bei der Geburt eines Kindes um etwas ganz anderes geht. Wir nehmen an zwei Schwangerschaften teil, sehen Geburtsvorbereitungskurse und medizinische Untersuchungen, die aber nie auf abgehobene Weise klinisch daherkommen, sondern bei denen immer das Interesse für den Zustand des neuen Lebens im Mutterbauch im Zentrum steht.

Man staunt über den Mut und die Stärke der porträtierten Mütter, die einen so unverkrampft und selbstverständlich an ihrer Schwangerschaft teilhaben lassen, dass man sich als Zuschauer nie als Voyeur fühlen muss. Man staunt aber auch über Silvia Haselbeck und Erich Langjahr, denen es offenbar gelungen ist, ein solch vertrauensvolles Verhältnis zu den porträtierten Familien aufzubauen, dass die Familien sicher sein können, dass die Kamera die von ihnen gesteckten Grenzen nicht überschreiten wird. So begleiten wir die Familien bis zur eigentlichen Geburt. Und obwohl diese Aufnahmen nicht ganz ohne Effekthascherei auskommen, fühlt man sich als Zuschauer doch in diesen Momenten den Familien sehr nahe und hofft und bangt mit ihnen, dass auch ja alles gut gehen möge.

Positiv an Geburt ist der fast gänzliche Verzicht auf Kommentar. Weder erklärt eine Off-Stimme, wie man jetzt das Gesehene einzuordnen hat, noch kommentiert eine Mutter explizit ihren Zustand. Die Frauen versuchen ihre Schwangerschaft so zu gestalten, dass sie sich möglichst wohl fühlen und schon während der Schwangerschaft eine Beziehung zum noch ungeborenen Kind aufbauen können. Ebenfalls erfreulich ist es, mitzuerleben, wie eine verständnisvolle Hebamme sich in der Geburtsvorbereitung auch Zeit dafür nimmt, den Vater des Kindes an dieser Beziehung teilhaben zu lassen.

Wie schon die früheren Filme des eingespielten Teams Haselbeck/Langjahr bezieht Geburt seine Stärke aus der ruhigen Beobachtung, er behält eine Distanz bei, die es dem Zuschauer erlaubt, vom intimen Ereignis einer Geburt gedanklich eine Brücke zu schlagen zum Nachdenken über den elementaren Kreislauf des Lebens. In früheren Filmen haben die Filmemacher beobachtet, wie Bauern, Hirten und ihre Tiere im Einklang mit den Rhythmen der Natur leben. Eigentlich logisch, dass sie nun mit derselben Ruhe und Präzision vom Werden des Menschen erzählen.

Nathan Schocher, CINEMA 2010 (online)


Die Filme von Erich Langjahr, die seit zwanzig Jahren in enger Zusammenarbeit mit seiner Frau Silvia Haselbeck – der Mutter seiner beiden Kinder – entstanden sind, zielen darauf ab, Gesten und Handlungen in ihrer Ursprünglichkeit zu beschreiben. Man denke nur an Das Erbe der Bergler (2006), der von dieser Lust am Beobachten anhand der im Verschwinden begriffenen Bergbauern zeugt. Geburt, in Co-Regie mit Silvia Haselbeck entstanden, beginnt mit einer schwangeren Madonna (der Regisseurin selbst) und Ansichten von Grotten und Höhlen, Symbolen für den Bauch der Erde und mithin dem Mutterbauch selbst. Es folgt eine erstaunlich einfache Geschichte, die Augenblicke einer Schwangerschaft zeigt.

Nach ein paar Geburtsvorbereitungskursen – tief durchatmen! – sehen wir die Geburt in Echtzeit, ganz ohne unpassende, beschleunigende Schnitte. Der Film entwickelt seinen eigenen Rhythmus, der der realen Dauer des gezeigten Geschehens so nahe wie möglich kommt. Die beiden Filmemacher, die den Film selbst geschnitten haben, beherrschen die Kunst der Ellipse, ohne die Echtzeit zu beschleunigen.

Im zweiten Teil des Films wird der erste noch vertieft. Wir lernen die charismatische Hebamme Patricia kennen, die ihren Beruf mit Ruhe und Urvertrauen ausübt. Ihre Gesten und Worte, ihr Lächeln fordern dazu auf, sich an dieser Feier des Lebens zu beteiligen, die Erich Langjahr und Silvia Haselbeck mit dem richtigen Abstand und bemerkenswerter Zurückhaltung zu filmen verstehen. Nie verletzen sie während der einzelnen Etappen der Schwangerschaft die Intimsphäre, sondern nehmen innig Anteil am unvergesslichen Ritual werdenden Lebens. So wird die Ultraschalluntersuchung zu einem spektakulären Erlebnis, wie eine rasende Symphonie hört man den Herzschlag des Kindes. Wir werden Zeugen dieser einzigartigen Augenblicke und der so aufmerksamen Präsenz der Filmemacher. Hier ist eine reife filmische Konzeption am Werk, die sich Zeit lässt für eine Vision, die nichts erschüttern kann. Geburt verleiht dem Gebären die Dimension eines natürlichen Vorgangs, jenseits aller unangebrachten medizinischen Eingriffe. Hier ist einfach nur das Leben selbst am Werk.

Jean Perret, Festival Visions du réel Nyon 2009


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Rassegna stampa (Français)

«Le spectacle de la naissance hors de toute médicalisation intempestive, les gestes naturels, des images justes dans le temps de la vie qui advient.»

(Catalogue Nyon, 23-29 avril 2009

Extraits médias

Poème pour la vie qui commence

Deux mains posées sur un pied nu, photogramme qui dure un très long temps de projection pour se terminer par une remarque naturellement douce: le corps d’une femme enceinte exige ce genre de caresse, affirmée beaucoup moins par une possible jouissance de réflexologie que par la nécessité d’offrir au ventre une manière de se détendre avec agrément. Cette ouverture de l’événement attendu situe l’ensemble global du style qui se développera sereinement par la suite, continuellement d’une même facture.

Le réalisateur Erich Langjahr (né à Zoug en 1944) occupe dans le cinéma suisse une place que le public ne lui reconnaît guère, comme d’ailleurs il semble avoir oublié plusieurs auteurs de sa génération, par exemple Walter Marti, Reni Mertens, Alexandre Seiler, Richard Dindo, beaucoup d’autres qui, tournant outre-Sarine, se posèrent de vraies questions relatives à leur fonction de documentaristes face aux soubresauts de l’Histoire et aux relativités de leur propre monde. Leur participation au départ du nouveau septième art helvétique reste essentielle. On aurait tort de ne les juger que sur leurs sujets (Langjahr, par exemple, filme admirablement les bergers et leurs troupeaux à la montagne pour l’été, mais il se préoccupe aussi du futur de nos sociétés prises par les technologies). Son retour aux sources charnelles de l’être humain ne participe jamais d’une attitude réactionnaire. Au contraire, sa manière de se documenter rappelle ce qui constitue le talent de ses prédécesseurs internationaux appréciés, de Joris Ivens, Chris Marker, des Straub qui donnent aux gens du peuple, par la parole de Pavese, l’immortalité des dieux de la Grèce au sommet des collines d’Italie.

Ici, la façon de traiter de front le thème de la naissance réduit la gestuelle des actions décrites à la simplicité presque archaïque de la scène. Par un détail ou par la disposition de la caméra, puis des moyens de la prise de sons, un glissement de la réalité captée se traduit par un enregistrement qui, lentement, touche à l’élévation véritablement spirituelle du cinéaste et de ses interprètes. Parmi ses collaborateurs, tous estiment les dons éventuels de l’acupuncture capables, lors de circonstances précises, de remplacer les remèdes puissants dont, pourtant, ils savent également accepter les pouvoirs comme ils sont heureux de lire l’échographie avec l’appui du gynécologue.

Soumis à de telles dispositions, le groupe composé autour des sages-femmes se déclare apte à laisser l’énergie du corps se développer afin de restituer à la vie naissante sa plénitude. Les contractions de la mère visent ici moins la souffrance (évidente) que le bonheur de l’apparition de l’enfant nouveau-né: son avenir, même incertain, fait éprouver la joie au cœur des parents.

Dès lors, ce film se porte au-delà de ce qu’il dit. Langjahr l’a compris, ce qui poétiquement confère du sens à ce promeneur égaré qui traverse les champs en direction du lac ou ce train qui file entre les arbres vus par la fenêtre de la chambre de l’accouchée.

Le Matin Dimanche, 10 mai 2010, F. Buache


[...] Tout au contraire procèdent Silvia Haselbeck et Erich Langjahr, non seulement parce qu’au lieu de l’arrivée de la mort ils décrivent l’éclosion de la vie. « Naissance » est un poème tranquille qui cependant ne sécrète jamais d’ennui. Le cinéma du couple Langjahr est un cinéma de la patience. En observant deux grossesses et naissances, les cinéastes se concentrent sur l’essentiel, mais sans jamais négliger le cinéma, la juste distance du regard comme la logique du découpage (ils font tout à eux deux seuls). L’émotion se dégage de la réalité grâce au prisme d’une caméra qui a le courage du calme: une vraie vision du réel, qu’on retrouvera sur les grands écrans.

Philippe Dériaz, Ciné-Feuilles, mai 2009


Corriere del Ticino
Le film nous touche tout particulièrement parce qu’il s’agit d’un moment de la vie qui nous concerne tous; mais jusqu’ici il avait rarement été montré dans son intégralité au cinéma.

Antonio Mariotti, 25 juin 2010

Der Bund
«Naissance» se caractérise à chaque in­stant par le respect et l’empathie, et devient ainsi un véritable hymne à la vie.                 

Der Bund, 29 avril 2009, Geri Krebs

arthouse movie news
Le film oppose au chaos de la vie actuelle la patience et l’art du regard.

Irene Genhart, Movie News nov. 2009

Der Landbote
Le spectateur participe person­nelle­ment au miracle de la naissance: il le vit jusqu’au bout, halète et pous­se de concert. Une barrière a été levée, et «Geburt» exalte véritable­ment la vie nouvelle.

Stefan Busz, Der Landote, 20 avril 2009

CINEMA
On est frappé par le courage et la force des mères dont on fait le portrait: elles nous permettent de participer à leur grossesse tout naturellement, sans réserve. Le film permet au spectateur de faire le lien entre les moments les plus intimes d’une naissance et la réflexion sur le rythme élémentaire de la vie.

Nathan Schocher, Cinéma 2010 (online)

Neue Luzerner Zeitung
«Naissance» est une invitation à se poser les questions existentielles fondamentales. Non pas par des sermons ou des plaidoyers, mais par une narration en images auxquelles, même dans l’étroitesse des lieux, les réalisateurs ont su donner un souffle, et de l’espace.

Urs Bugmanni, Zentralschweiz am Sonntag, 18 octobre 2009

 

Catalogue de Visions du réel Nyon 2009
Le cinéma d’Eric Langjahr, auquel collabore étroitement depuis plus de vingt années Sylvia Haselbeck, sa femme et mère de deux enfants, est engagé à décrire des gestes, des activités dans leur mouvement originel. Que l’on pense à Das Erbe der Bergler (2006), qui dénote de ce goût de l’observation soutenue de ces paysans de montagne en voie de disparition. Geburt, que coréalise Sylvia Haselbeck, commence par une figure de Madone enceinte (la réalisatrice elle-même) et par des vues de grottes et de cavernes, symboles du ventre de la terre et, partant, du ventre maternel. Suit alors le récit d’une étonnante simplicité, qui s’emploie à montrer des moments de grossesse.
Après quelques séances de préparation de parents, respirer en profondeur!, c’est l’accouchement, rendu dans le temps de son déroulement, qu’aucune coupe intempestive ne vient précipiter. Le cinéma crée son propre rythme de la représentation, qui doit rendre au plus près la durée originelle des événements mis en lumière. Les deux cinéastes, qui ont monté eux-mêmes le film, maîtrisent l’art des ellipses qui ne brusque pas le temps réel.

La deuxième partie du film reprend et approfondit la première. S’impose alors le personnage charismatique d’une sage-femme, Patricia, qui accomplit son métier avec une sérénité et une confiance archaïques. Ses gestes, ses paroles, son sourire, invitent à cette célébration de la vie qu’Eric Langjahr et Sylvia Haselbeck savent filmer dans une juste distance, avec une retenue remarquables. Nulle intrusion dans l’intimité des étapes de la gestation, mais leur présence au sein d’un rituel immémorial, dans lequel la vie est en train d’advenir. L’échographie devient ainsi une expérience spectaculaire, on entend l’enfant en une symphonie précipitée de battements. Nous sommes témoins de ces moments privilégiés, tout comme de la présence si attentive des cinéastes. Est à l’œuvre la maturité d’une conception du cinéma qui sait donner du temps au temps dans la disponibilité d’une vision que rien ne saurait perturber. Geburt rend à la naissance la dimension d’un accomplissement naturel, hors de toute médicalisation intempestive. Le spectacle simplement de la vie qui fait son œuvre.

Jean Perret, 23-29 avril 2009


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Rassegna stampa (English)

«The spectacle of birth away from all untimely medicalization, with natural gestures and some exact images of the time of life that is arising.» (Catalogue Nyon Festival)

 

Reviews

The cinema of Eric Langjahr, with whom Sylvia Haselbeck, his wife and mother of two children, has closely collaborated for more than twenty years, is committed to describing gestures and activities in their original movements. Just think of Das Erbe der Bergler (2006), which denotes this taste for sustained observation of these mountain peasants about to disappear. Geburt, co-directed by Sylvia Haselbeck, commences with a figure of the pregnant Madonna (the director herself) and by scenes of grottos and caverns that symbolize the belly of the earth, and consequently the maternal stomach. Then follows a tale of astonishing simplicity, devoted to showing the moments of pregnancy.

After some preparatory scenes with parents, breathe deeply!, comes the childbirth, offered at the time of its happening and unhurried by any untimely cut. The cinema creates its own representative rhythm, which has to comply as nearly as possible with the duration of the revealed events. The two filmmakers, who have themselves edited the film, have mastered the art of the ellipses that do not hasten real time.
The second part of the film re-adopts and deepens the first. Asserted then is the charismatic personality of Patricia, a wise woman who accomplishes her profession serenely and with an archaic confidence. Her gestures, words and smile invite us to this celebration of life that Langjahr knows how to film from a correct distance and with remarkable restraint. No intrusion into the intimacy of the stages of gestation, but their presence within an immemorial ritual, in which life is in the course of happening. Ultrasound thus becomes a spectacular experience, when we hear the infant in a sudden symphony of beatings. We are witnessing these privileged moments, just as is the so attentive presence of the filmmakers. The maturity of cinematic conception is at work, which knows how to give time to time within the availability of a view that nothing could disturb. Geburt gives birth to the dimension of a natural accomplishment, away from all untimely medicalization. Simply the spectacle of life that is accomplishing its work.

Jean Perret in the catalogue of Visions du réel Nyon 2009



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